Barrow·JD • Perché il mondo… (cap. 1) • Orientamenti e riflessioni

Capitolo primo - Orientamenti e riflessioni


Testo ••▶ (scheda)
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◀•• 1. Orientamenti e riflessioni [pp. 3-16]
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La metafisica è un ristorante che offre un menu di trentamila pagine e niente da mangiare.
Robert Pirsig


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TERMINI-CHIAVE
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• conoscenza
• ellisse
• ermetismoª (rappresentazione ermetica dell’Universo)
• evento (descrivere gli eventi)
• fenomeno
• geometria (geometria euclidea, geometrie non-euclidee)
• intelletto
• linguaggio (linguaggio della matematica)
• logica
• matematica
• Natura (Libro della Natura)
• numero (numerico / numerologico)
• particella (fisica delle particelle elementari)
• quanto (teoria dei quanti)
• relatività (teoria generale della relatività)
• significato (significato dei numeri, significato delle cose)
• simmetria
• sistema (sistema logico)
• superstringa (teoria delle superstringhe)
• tensore (teoria matematica dei tensori)
• Universo
• verità (Verità assoluta)


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STUDIOSI OPERE E PERSONAGGI
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• Apollonio
• Aristotele
• Beethoven
• Bolyai
• Dirac
• Einstein
• Euclide
• Fourier (serie di Fourier)
• Galileo (Galileo Galileiª)
• Gauss
• Heaviside
• Hilbert (spazi di Hilbert)
• Keplero
• Lobačevskij
• Newton
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(ª) nome o dettaglio non esplicitamente contenuto nel testo.


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ESTRATTI
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[1·3]• ± extra
Se torniamo all’immagine della matematica come linguaggio, introdotta da Galileo, scopriamo ben presto che si tratta di una lingua abbastanza insolita. Non rassomiglia a nessun altro linguaggio umano che conosciamo. È più simile alla lingua usata da un computer che all’italiano o all’inglese. E questo è dovuto soprattutto al fatto che possiede una logica incorporata. Tutti sappiamo che è possibile usare qualsiasi lingua in maniera approssimativa, magari infrangendo qualche regola di grammatica o di sintassi, senza che questo ci impedisca di essere compresi. Ma se infrangiamo le regole del linguaggio matematico, ogni cosa perde valore. In qualsiasi sistema logico, se si introduce anche un solo elemento illogico, la sua presenza permette di dimostrare la verità di ‹qualsiasi› proposizione.

[1·4]• ± extra
Un’altra caratteristica affascinante del linguaggio matematico è la sua capacità di pensare da solo. Spesso cerchiamo di far capire ai nostri studenti quanto sia importante ‹riflettere› sulle cose se vogliamo comprenderle e progredire. Tuttavia, entro certi limiti, la conoscenza umana ha fatto molti importanti passi avanti perché è stato studiato il sistema di fare delle cose senza pensarci troppo. Adottiamo una procedura che ha certe caratteristiche incorporate, in modo tale che ogni volta che la applichiamo non dobbiamo preoccuparci di controllare che certi presupposti siano soddisfatti. La matematica è così. Ogni volta che la usiamo possiamo essere sicuri che anche le operazioni più complicate siano risolte automaticamente. È un sostegno al pensiero: un’estensione delle nostre capacità mentali.

— § —

[1·6]• ± extra
Se scorriamo i nostri libri di storia alla ricerca delle origini del numero troviamo ben poco. Come per la lingua, l’uso del numero si è sviluppato prima della comparsa della scrittura e le sue vere origini si perdono in un’epoca che non ci ha lasciato testimonianze scritte. La nostra ricerca è resa ancora più difficile dalla presenza di alcune idee bizzarre ma persistenti. La storia dell’uso e dell’interesse per il numero da parte dell’umanità si sviluppa a partire dal fascino per il numerologico e giunge a quello per il numerico. Per la numerologia, che vanta ancor oggi degli studiosi, i numeri sono una forma di rappresentazione simbolica dell’Universo, all’interno del quale hanno un ‹significato› che può essere rivelato soltanto dalla loro corretta interpretazione. Alcuni numeri sono «fortunati», altri «sfortunati», altri ancora hanno un significato religioso, e così via. Ma il matematico differisce dal numerologo in quanto egli non attribuisce un significato profondo ai numeri in quanto tali, bensì alle loro interrelazioni. Per questo motivo, se scorriamo i libri di matematica moderna, li troviamo pieni di concetti come «trasformazione», «funzione», «correlazione», «programma», «simmetria» e «algoritmo»: tutti questi concetti esprimono la nozione di cambiamento e di interrelazione tra numeri e simboli diversi. Questo spostamento dell’interesse, dal numerologico al numerico, segna il momento di inizio dell’evoluzione dall’antica rappresentazione ermetica dell’Universo, che lo vedeva come un insieme di segni misteriosi che dovevano essere decodificati, alla visione moderna, secondo la quale il «significato» delle cose si trova solo nelle loro interrelazioni con altre cose, all’interno di schemi ordinati e prevedibili.

— § —

[Fig·1]• ± extra
Fig. 1. La misteriosa interconnessione tra il mondo concreto delle cose particolari e quello matematico delle relazioni astratte, delle geometrie, dei numeri e delle logiche. Viviamo in un mondo materiale pieno di fenomeni che possono fungere da fonte per strutture e relazioni astraibili all’interno del mondo matematico; a loro volta esse si possono riferire a singole esemplificazioni di cose ed eventi particolari nel mondo reale. È suggestivo chiedersi se esista alcunché nel mondo materiale che ‹non› possa essere astratto in quello matematico, e di converso se qualcosa che abita in quest’ultimo possa non avere alcuna manifestazione concreta nel nostro Universo fisico.
• astrazione • Mondo materiale • Mondo matematico • specificazione •


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ANNOTAZIONI E SPUNTI
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COMMENTO — In un capitolo che s’intitola ‹Orientamenti e riflessioni› Barrow riesce a introdurre diversi concetti fondamentali della matematica dribblando il problema della definizione del concetto di numero. La matematica sarebbe un linguaggio, nel quale sarebbe scritto – secondo Galilei – il “Libro della Natura”. La matematica “funziona”, e funziona in modo tanto sorprendente da riuscire spesso a prevedere fenomeni sconosciuti. Allora ci chiediamo: la matematica è una “creazione” della mente umana, oppure ha una sua esistenza oggettiva e viene solo “scoperta” dai matematici? È una notazione utile per memorizzare quantità e valori, oppure uno strumento di calcolo, cioè un modo per standardizzare ed automatizzare certe elaborazioni? È un’estensione-oggettivazione di alcune nostre capacità mentali? Ha qualcosa in comune con l’arte, oppure ne è l’opposto? La matematica si distingue dalla “numerologia”, ma forse si sviluppa da essa. Per secoli è stata utilizzata (insieme alla logica) da religiosi e filosofi come esempio di “conoscenza assoluta”, per poi lasciarli in panne quando si è scoperto che potevano esistere matematiche (logiche) e geometrie diverse.

L’uso della matematica non ha portato soltanto allo straordinario sviluppo delle conoscenze scientifiche che caratterizza la nostra epoca, ma è anche alla base della nostra economia e, tramite essa, dell’intero nostro modo di vivere in società (questo però Barrow non lo dice). Si tratta quindi di un classico esempio di “creazione” – o di “scoperta” – fatta dall’essere umano, che finisce per imporsi, “dominandolo”, all’essere umano stesso. E a quanto pare, per massimizzare tale dominio, cerca di eliminare, di soggiogare o di ridurre ai minimi termini tutto ciò che matematizzabile non è. Ha però un punto debole: essendo essa stessa un prodotto del pensiero, eredita da questo un nucleo fondamentale che sfugge alla formalizzazione, e genera paradossi.


[1·3]• «In qualsiasi sistema logico, se si introduce anche un solo elemento illogico […]»: per “illogico”, verosimilmente qui Barrow intende “incoerente” o “contraddittorio”, qualche elemento che consenta di affermare sia una cosa, sia il suo contrario; però non ha definito cosa intende esattamente per “sistema logico”.

[1·4]• «Un’altra caratteristica affascinante del linguaggio matematico è la sua capacità di pensare da solo»: l’affermazione potrebbe forse urtare qualcuno, e a qualcun altro potrebbe sembrare assurda, ma a ben riflettere contiene uno spunto interessante; certo la scrittura matematica non “pensa”, e ancor meno “pensa da sola”, tuttavia è vero che scrivendo le cose in un certo modo certe operazioni, o certe loro sequenze, vengono come automatizzate, e possono essere eseguite senza pensarci troppo; chi a scuola si sia trovato a semplificare un’espressione o a risolvere un’equazione se ne sarà senz’altro reso conto. In verità, storicamente non è sempre stato così, e la scrittura matematica, da semplice notazione di quantità e valori, si è evoluta gradualmente in strumento di calcolo, incorporando, ad esempio, alcune funzioni dell’abaco.

[1·6]• «[…] il matematico differisce dal numerologo in quanto egli non attribuisce un significato profondo ai numeri in quanto tali, bensì alle loro interrelazioni»: è tutta qui la differenza? Ma i numeri non sono già di per sé “rapporti” tra cose? La quantità non è una caratteristica che cose differenti possono avere in comune? Tre mele, tre passi, tre giorni, tre bambini?
NOTA: e ci accorgiamo che col suo excursus storico Barrow ha evitato di affrontare il problema della definizione del concetto di numero, dandolo semplicemente per scontato.
•[ivi]• «Questo spostamento dell’interesse, dal numerologico al numerico, segna il momento di inizio dell’evoluzione dall’antica rappresentazione ermetica […] alla visione moderna, secondo la quale il “significato” delle cose si trova solo nelle loro interrelazioni con altre cose, all’interno di schemi ordinati e prevedibili»: dunque la matematica sarebbe sostanzialmente l’erede della “magia” (alchimia, astrologia ecc., oggi ritenute pseudo-scienze), dalla quale si sarebbe sviluppata sostituendo il numerico al numerologico?


[Fig·1]• Barrow sembra non avvedersi che la stessa identica doppia corrispondenza e gli stessi quesiti sussistono tra “mondo materiale” e “mondo del linguaggio”; se dico (e penso) “cane” o “casa”, questi concetti non esistono direttamente nel mondo reale – sarebbero le “idee” di Platone? – ma possono corrispondere a oggetti concreti diversi, dei quali sono “astrazioni”; tuttavia non è detto che ad ogni concetto corrisponda almeno un oggetto né che ad ogni oggetto debba corrispondere almeno un concetto; la realtà materiale cambia nel tempo e lo stesso fa il linguaggio (il pensiero); l’una si adegua all’altro e viceversa, in un ciclo continuo di conoscenza e prassi.
NOTA: semmai la questione sarebbe cosa costituisca la specificità dell’astrazione matematica (la quantità?) o di quella logica (la verità?).

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[] John D. Barrow (1992), ‹Perché il mondo è matematico?›, Laterza 1992.
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