Rovelli·C • Scienza (cap. 11) • Il pensiero pre-scientifico

11. Il pensiero pre-scientifico


(sommariotesto)

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11. Il pensiero pre-scientifico [163-179]
11.1. La natura del pensiero mitico-religioso [165-173]
11.2. Le funzioni diverse del divino [173-179]
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TERMINI-CHIAVE
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• accettazione (accettazione acritica)
• amore (amore per gli altri)
• anima
• antropologia (antropologia contemporanea)
• antropologo (antropologi)
• arbitrio (libero arbitrio)
• Aztechi (popolo)
• bellezza
• buddismo
• casta (caste sacerdotali)
• certezza (certezze)
• civiltà
• coerenza (coerenza del pensiero)
• comprensibilità (comprensibilità del mondo?)
• conoscenza
• coscienza (coscienza razionale, Bateson)
• creazione
• credenza (credenze)
• cristianesimo (cristianesimo unitariano)
• cultura (culture primitive)
• democraziaª (organizzazione democratica)
• dio (dèi)
• disastro (disastri)
• divinità
• dogma (dogmi cattolici)
• emozione (emozioni)
• enunciato (enunciati fondanti)
• esperienza (esperienza conoscitiva, sociale e psicologica)
• evoluzione (evoluzione della nostra specie)
• felicità
• generosità
• ignoranza
• immaginazione (invenzioni dell’immaginazione)
• immagine (immagini ingenue)
• impero (imperi multi-etnici, impero romano)
• incertezza
• incomprensibilità (incomprensibilità del mondo)
• induismo
• infinito (idea dell’infinito)
• ingenuità
• intelligenza
• irrazionale
• islamª (monoteismo teocratico islamico)
• jainismo
• legittimità (legittimità sociale, legale e politica)
• liberazione
• linguaggio
• LSDª (dietilammide di acido lisergico)
• maschio (maschio dominante, Jaynes)
• Maya (popolo, civiltà)
• Medioevoª (monoteismo teocratico medioevale)
• Messa
• migrazione (migrazioni di popoli)
• miseria
• mistero
• monoteismo (monoteismo teocratico)
• narratizzazione (narratizzazione linguistica)
• natura (natura del pensiero, natura della religione)
• naturalismo
• Navajo (Navajo d’America)
• nulla (Terra sospesa sul nulla)
• onnipresenza
• Papa
• paura (paura della morte)
• pensiero (pensiero mitico-religioso, pensiero naturalistico, pensiero scientifico)
• politeismo
• postulato (Postulati Sacri Fondamentali, Rappaport)
• religione (attività religiosa)
• resistenza
• rito (attività rituale)
• rivoluzione (rivoluzione neolitica)
• sacralità
• scimmione (scimmione capo, Kubrick?)
• setta (sette evangeliche)
• sfera (sfera del sacro e del divino)
• Sikh (religione Sikh)
• socialitઠ(il nostro comportamento sociale)
• sovrano (la voce del sovrano)
• spiritualità (sfera della spiritualità individuale)
• storia (storia del pensiero)
• struttura (struttura sociale e psicologica delle civiltà antiche)
• tempio
• teocraziaª (monoteismo teocratico)
• tradizione
• ubiquità
• umanità
• universalità
• universo (universo logico-mentale)
• variante (varianti del divino)
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(ª) espressione non esplicitamente contenuta nel testo.


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TOPONIMI
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• Akhetaton
• America
• Babilonia
• Egitto
• Grecia (mondo greco)
• Ioniaª (proposta ionica)
• Israele
• Ninive
• Roma
• Terra
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(ª) denominazione non esplicitamente contenuta nel testo.


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PERSONAGGI, STUDIOSI E OPERE
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• Agostino (sant’Agostino)
• Amenofi IV (Akhenaton)
• Anassimandro
• Bateson (Gregory Bateson)°
• Bergson (Henri Bergson)°
• Confucio
• Durkheim (Émile Durkheim, 1858 – 1917ª)
• Epicuro
• Gauchet (Marcel Gauchet)°
• Gesù Cristo
• Gukumatz (dio serpente e creatore dei Maya)
• Hammurabi
• Huitzilopochtli (dio Sole degli Aztechi)
• Jaynes (Julian Jaynes)°
• Kubrick (‹2001 Odissea nello spazio›)ª
• Lucrezio
• Maometto
• Marduk (dio di Babilonia)
• Mosè
• Nefertiti
• Paolo (Paolo di Tarso)
• Ra (dio egizio del Sole)
• Rappaport (Roy Rappaport)°
• ‹Rig Veda› [orig.]
• Spinoza (Baruch Spinoza)
• Talete
• Zeus (dio greco, Giove per i Romani)
• Zoroastro (religione di Zoroastro)
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(°) opere indicate nei riferimenti bibliografici.
(*) menzionato nelle note.
(ª) riferimento o dettaglio non esplicitato nel testo.


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ANNOTAZIONI E SPUNTI
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COMMENTO — Dopo aver esaminato i vari altri aspetti della questione, resta da comprendere cosa sia e che peso abbia quel pensiero mitico-religioso che l’impostazione di Anassimandro cerca – pur senza attaccarlo direttamente – di sovvertire, ma che dopo 26 secoli pare ancora largamente dominante; e Rovelli si mette all’opera, pur dichiarandosi incompetente in materia, facendo una breve rassegna delle ricerche antropologiche in materia, che nel suo riassunto sembrano talora assurde e contraddittorie (ma questo è forse lo stato dell’arte).

L’origine del pensiero mitico-religioso: alcuni (Rappaport) la collocano alle origini dell’essere umano – o forse anche prima? – e ne fanno quindi una caratteristica fondante dell’umanità stessa; all’estremo opposto, altri la legano alla rivoluzione neolitica (Jaynes), e quindi la collocano nella Storia, motivandone la comparsa con la necessità di rendere coesi aggregati umani di dimensioni crescenti (ma i nessi con una concezione di tipo freudiano sono abbastanza evidenti). A noi pare evidente che non sia possibile mettersi d’accordo sull’origine di qualcosa senza prima far chiarezza su cosa sia questo qualcosa, e sull’argomento c’è molta confusione; “credere” a qualcosa di invisibile, e anzi che questo qualcosa possa determinare la realtà visibile, NON è un tratto caratteristico della religione; è quel che fa anche la scienza (fin dai tempi di Anassimandro) e dunque non può essere tacciato ‹tout court› di “irrazionalità”. Probabilmente è ciò che distingue l’essere umano dagli animali, i quali si basano esclusivamente sui propri sensi e non hanno tendenze metafisiche. Potrebbe essere legato al linguaggio, in quanto questo ci consente di mentire (mentre gli animali non sono in grado di farlo) e nasce quindi l’esigenza di scoprire il latente nell’altro, ciò che l’altro non dice o non mostra (mi ama o mi odia?). Quel che differenzia la superstizione, l’animismo, il mito, la religione e la scienza (ma anche l’arte) non è la credenza nell’invisibile, ma la forma – più o meno ingenua, più o meno strutturata – che questo invisibile assume, e l’uso che se ne fa (‹cui prodest?›). Ma queste sono considerazioni nostre, non di Rovelli.

La natura del pensiero mitico-religioso: dopo aver menzionato Epicuro e Lucrezio, Durkheim, Marx, approcci genericamente evoluzionistici e i loro opposti, Rovelli descrive in maggior dettaglio l’impostazione di Jaynes, per il quale all’origine ci sarebbe una “introiezione del maschio dominante” la cui voce sarebbe sentita (dai “dominati”) anche in sua assenza (dopo la morte?). Ci fermiamo qui perché, anche se alcuni passaggi successivi sembrano interessanti, la premessa presenta troppe analogie con l’orda primordiale di Freud e la sua teoria dell’introiezione del padre. Si passa poi a Gauchet, per il quale il monoteismo non costituirebbe un progresso rispetto al politeismo, ma anzi un inizio di dissoluzione del potere religioso e della funzione sociale della religione (però pare identificare il monoteismo col cristianesimo, senza considerare l’islam). E si finisce con Rappaport, per il quale sarebbe il rito (col suo valore simbolico) a fondare l’umanità, creando, grazie alla ripetizione di frasi senza senso, una realtà parallela e virtuale che sarebbe quella nella quale tutti noi viviamo (l’esempio classico sarebbero i rapporti sociali, sic!). Secondo Rovelli, questa aggiornatissima teoria sarebbe una rilettura moderna di Confucio. Notiamo però che in tutto il paragrafo si è trattato soprattutto di religione, pochissimo del mito, e niente affatto di altre modalità di pensiero.

Le funzioni diverse del divino: in realtà, sappiamo pochissimo sia della storia del pensiero (o del linguaggio?) sia del suo funzionamento, anche considerando che entrambi hanno una forte dimensione sociale, tanto che «Non siamo noi a pensare, sono i pensieri che passano attraverso di noi». Rovelli ripropone la concezione di Spinoza, a lui cara, secondo cui tutti questi concetti, a partire dal “libero arbitrio”, non sarebbero appunto che l’espressione della nostra “ignoranza” sul nostro stesso funzionamento (idea che trova qualche assonanza con la termodinamica e con le moderne indagini teoriche sulla natura del tempo). Alla ricerca di un nuovo equilibrio (sulle tracce degli illuministi?), Rovelli identifica 3 “funzioni” del divino: quella conoscitiva, quella sociale e quella psicologica. La prima è quella che dev’essere abbandonata (seguendo Anassimandro) in favore della scienza, che è più dinamica della fede e ha un maggior potenziale “euristico” e tecnologico. Quanto alle altre 2, Rovelli riconosce l’importanza di componenti non razionali – affetti, emozioni, generosità, amore per gli altri, stupore, senso del mistero – ma non gli pare che affidarsi alla religione abbia mai salvato nessuna delle civiltà del passato dalla catastrofe, anzi (e qui non ha tutti i torti). Menziona Bergson e Bateson, l’‹homo oeconomicus› (senza nominarlo esplicitamente), il nazismo e i roghi medievali (senza nominare l’Inquisizione), ma non pare avere le idee molto chiare su quale sia il confine tra razionale e irrazionale, o su cosa distingua l’uno dall’altro (qualche dose di LSD di troppo, forse?). Dichiara comunque di preferire l’incertezza (e la ricerca) alle certezze “vuote” (delle religioni). E come potrebbe essere diversamente, per un fisico?

NOTA: volendo indagare le origini e l’evoluzione del pensiero, occorrerebbe preliminarmente studiare analogie e differenze tra umani e animali, dacché Darwin ci ha spiegato che discendiamo dai primati. Molti animali dispongono di un cervello simile al nostro, e non si vede perché non debbano avere una qualche forma di pensiero (calcolano percorsi e strategie, valutano possibilità di successo delle loro azioni ecc.); ciò che contraddistingue l’essere umano è il rifiuto delle leggi di natura, e questa caratteristica sarebbe – secondo la teoria della nascita di Fagioli – dovuta a una particolare dinamica all’atto della nascita; il neonato “annulla” la realtà esterna inanimata, e al tempo stesso “crea” una realtà psichica interna che chiede, per potersi sviluppare, il rapporto con un altro essere simile a sé stesso. Questo annullamento iniziale della realtà fisica, rende però il neonato vulnerabile alla “alienazione religiosa”, cioè al “mettere all’esterno” questo potere di “fare il nulla” (non è una proiezione, perché non c’è stata introiezione); sarà poi il rapporto – più o meno soddisfacente, più o meno sano – con l’altro essere umano a determinare se prevarranno la fantasia interna e la vitalità oppure l’annullamento e l’anaffettività. In questo contesto, la religiosità non è uno stato originario dell’umanità, né una condizione persistente, ma interiore, di ogni individuo, bensì un “rischio” legato alla particolare dinamica della nascita umana, il “prezzo” che la nostra specie paga per potersi separare dalla natura e modificarla, costruendo e creando cose che in natura non esistono. E la religione (le religioni) nient’altro che un compromesso tra l’alienazione – un “credere” che è vuoto mentale – e una struttura “razionale”, gestita da una classe di “ministri del culto”, necessaria per evitare la catastrofe della malattia mentale (la “crisi della presenza” di de Martino?). La “rivoluzione neolitica”, con l’incremento delle potenzialità produttive, avrebbe consentito l’aumento demografico e l’aggregazione di gruppi umani sempre più numerosi, che avrebbero fatto leva su questa “vulnerabilità” per strutturarsi in modo gerarchico, “coltivando” l’alienazione religiosa così come i campi fuori delle prime città venivano coltivati dai contadini. L’esistenza del dio – padrone della terra e dei suoi abitanti – giustificava l’accentramento delle risorse e la loro gestione da parte delle ‹élite›. Alienazione religiosa e logica economica vanno quindi di pari passo e sono funzionali l’una all’altra.

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[] Carlo Rovelli, ‹Che cos’è la scienza. La rivoluzione di Anassimandro›, Mondadori 2011.
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